Alchimia e arte.
08.10.2013 17:18
Alchimia e arte.
L'arte, ha evidenziato Gillo Dorfles nel suo Discorso tecnico delle arti (1952), è il risultato di un felice compromesso che scaturisce dall'incontro dell'idea («le idee sono prototipi», secondo Sant'Agostino) con le tecniche e i materiali utilizzati dall'artista per realizzare – mettere in forma, appunto – il proprio pensiero. È una storia del manuale e del mentale, «degli strumenti e delle materie». Ma anche una narrazione che «non porge manuali» appropriati sugli esperimenti compiuti nei secoli per ricercare (e modificare) i materiali idonei per elaborare sostanze cromaticamente appropriate, per produrre fluidi collanti e squillanti, per innescare processi chimici e alchemici che hanno costituito, nel tempo, il panorama dell'arte, dei trucchi e dei segni umani. Cos'è, del resto, la pittura, se non un linguaggio alchemico? Un territorio di conquista e di produzione per coagulare, distillare, macerare e riverberare le cose
Marcel Duchamp
La pittura non dovrebbe essere solamente retinica o visiva; dovrebbe aver a che fare con la materia grigia della nostra comprensione invece di essere puramente visiva [...]
Gli ultimi cento anni sono stati retinici. Sono stati retinici perfino i cubisti. I surrealisti hanno tentato di liberarsi da questo e anche i dadaisti, da principio. [...]
Io ero talmente conscio dell’aspetto retinico della pittura che, personalmente, volevo trovare un altro filone da esplorare.”
(Marcel Duchamp)
Nell’età moderna, con l’approssimarsi del XX secolo e l’esplosione delle avanguardie storiche, il repertorio alchemico ed ermetico continuò ad operare come bagaglio culturale denso di suggestioni e di evocazioni immaginarie.
In questi anni, inoltre, fece la sua comparsa la psicoanalisi che, soprattutto attraverso le ricerche junghiane sugli archetipi, diede nuovo impulso e vigore alle figure dell’alchimia.
Furono in particolare i surrealisti, immersi come erano nello scandaglio dell’onirico e dell’inconscio, a manipolare e reinterpretare i topoi alchemici: il gusto del criptico e del segreto si coniugò perfettamente con le provocazioni del movimento. Lo stesso Breton, nel secondo manifesto surrealista, dichiarò di voler assumere a modello la Sapienza alchemica per occultare la Verità agli occhi del profano.
Dietro l’apparente gratuità dadaista della rappresentazione si cela, dunque, un complesso sistema di riferimenti ed allusioni alla simbologia alchemico-esoterica. Il mito dell’alchimia si riflette, oltre che nella volutamente misteriosa rappresentazione, nell’opus dell’artista che, come l’alchimista, crea e trasforma la rozza materia celando il risultato dell’opera alla comprensione dei non iniziati.
L’artista, come l’alchimista, è dunque colui che sublima la realtà per trovare la verità che essa cela, in un’azione di svelamento continuo: l’utopia di un riscatto, operato dalla fantasia, sulla nerezza della realtà.
L’arte delle avanguardie, oltre alla vocazione di stupire e provocare, presenta forti difficoltà esegetiche ed interpretative.
Essa è un’arte intellettualizzata, dove l’apparenza visiva dell’immagine lascia il posto a significati reconditi che si coniugano perfettamente con i contemporanei studi sull’Io e sulla realtà spirituale: alchimia, esoterismo e inconscio come parte di uno stesso processo di rivelazione del divino che è in noi e fuori di noi.
“Tu vedi un blocco, pensa all’immagine: l’immagine è dentro basta solo spogliarla.”
(Michelangelo Buonarroti)