La rivoluzione dell'antroposofo che cambiò l'arte
30.07.2014 17:20
RUDOLF STEINER AL MART LA RIVOLUZIONE DELL' ANTROPOSOFO CHE CAMBIÒ L' ARTE
ROVERETO l visitatore distratto potrà sembrare un caso, eppure le altre mostre aperte contemporaneamente al Mart di Rovereto ( La magnifica ossessione, Le forme del cibo, Bruno Conte) ruotano tutte intorno a quella dedicata a Rudolf Steiner (1861-1925), quasi cercassero un centro di gravità per potersi sottrarre all' unilateralità del contemporaneo. Attraversiamo le sale, che si susseguono aprendo, ogni volta, come la parete di libri all' ingresso, una porta su tutto l' inconoscibile, leggendo titoli, guardando immagini e oggetti che rimandano una visione completa del mondo in cui viviamo e da cui spesso dobbiamo difenderci: le catastrofi naturali, il potere della tecnica, l' alimentazione, l' agricoltura biodinamica, l' arte dell' educare come arte del vivere, lo spirito come scienza, l' armonia uomo - natura, e naturalmente l' arte , l' architettura, il design, il teatro e l' estetica del quotidiano ad essi applicata. Non c' è disciplina della cultura d' oggi che Steiner, mettendo in pratica una sua massima («Immagina di poter prendere l' uomo e di rovesciarlo come un guanto. Non rimarrebbe così come lo vediamo ora; si espanderebbe fino a diventare l' Universo»), non abbia indagato e Mateo Kries, curatore della retrospettiva aperta fino al 2 giugno e suddivisa in tre sezioni, le ha tenute tutte presenti per far risaltare l' influenza trasversale del filosofo, pensatore e pedagogo tedesco sui movimenti sociali e culturali del secolo appena trascorsoe di questo agli albori. Si inanellano, allora, a partire dal grande progetto architettonico del Goetheanum riprodotto in scala ma capace di restituire l' elemento rappresentativo dell' Antroposofia come saggezza dell' uomo, fotografie, locandine, cataloghi, modelli di maniglie, bozzetti di copertine, loghi, schizzi per confezioni di medicinali, programmi della scuola Waldorf, dipinti, disegni, vedute, mobili, gioielli, sedie (accanto alle sue, quelle di Henry Van de Velde, Frank Lloyd Wright, Vatislav Hofman e Erich Mendelsohn), tavoli (di Adolf Loos), modelli di camere colorate per uso terapeutico, lettere di Piet Mondrian, Franz Kafka e Richard Neutra, testi di Nietzs c h e e G o e t h e e quant' altro possa svelare i fermenti di cui si nutrì agli inizi del ' 900 oltre che l' idea di opera totale perseguita per costruire un nuovo Rinascimento. Non poteva mancare la tavola n.1 (1810) per l' illustrazione della teoria dei colori di Goethe e la loro azione morale, che dà il via agli studi sulla nascita e l' essenza dei colori, su come la luce riesce a tesserli quali movimenti dell' anima. Steiner sperimenterà tali convinzioni durante l' esecuzione degli affreschi, realizzati dietro suo progetto, nelle due cupole del primo edificio del "Goetheanum" (19141918) dove l' esperienza dei colori suscita le immagini, e arriverà al punto di esibirsi davanti a un gruppo di pittori stendendo su un foglio bianco, in progressione, lavorando sugli accordi, un blu delicato, una macchia gialla, un piccolo tocco lilla che circonda con un verde chiaro e, in basso, un violetto unito al blu. Vuole chiarire come dal colore nasca l' idea e, quindi, la "totalità", la sinfonia organizzata dalle figure, dai gesti e dalle forme suggerite dall' armonia cromatica. Scrive: «Se ci si immergerà nel mondo fluttuante dei colori vivendolo correttamente, si troverà che da esso scaturiranno figure che porteranno ad espressione i segreti dell' universo, l' anima dell' universo. Dalla creatività del colore sorgerà un mondo che si configurerà, si differenzierà interiormente, un mondo che ha una sua essenzialità. La forma nascerà dal colore. Si percepirà che non soltanto si vivrà nel colore, ma che il colore genererà la forma da se stesso, che cioè la forma è opera del colore». Sono una manifestazione pratica delle sue teorie, tracce del pensiero, anche i "disegni alla lavagna" e gli schizzi realizzati durante le molte conferenze tenute tra il 1919 e il 1924, in tutta l' Europa, spesso avendo di fronte Kafka e Max Brod, Kandinsky e Rosa Luxemburg, Benedetto Croce e Giovanni Papini, a sottolineare il rapporto privilegiato che ha con le arti visive, la sua capacità di condensare su un foglio di carta un processo conoscitivo che, in un modo o nell' altro, formulando l' idea di unità spirito-materia, scavando in profondità, ridefinisce l' universo. Un universo che vede la scienza con l' ottica dell' artista e l' arte con quella della vita. Su queste convinzioni, all' epoca molto vive a Roma, si comprende l' interesse di Balla (e con lui il centro "occulto" del futurismo: Marinetti, Depero, Russolo, Cangiullo, Evola e due veri e propri seguaci: Arnaldo Ginna e il fratello Bruno Corra) per le dottrine teosofiche e per tutto ciò che accoglie un concetto di arte dilagante su ogni aspetto del vivere: dall' abbigliamento all' arredamento, dal teatro al cinema. A distanza di alcuni decenni, Joseph Beuys, con le sue intuizioni (1968) oltrepassa gli abituali limiti disciplinari per entrare negli elementi fluttuanti del pensiero elaborato da Steiner: «Non è, la terra, la più completa opera d' arte che l' uomo continua a plasmare quasi fosse il primo giorno della creazione?».
GIUSEPPE APPELLA